Davide Ruffini – “Tutti assenti, un anno di una scuola in campagna”
Tragicomico,
forse questa è la definizione più calzante per un libro che affronta, con
estremo disincanto, la scuola cosiddetta moderna. Tra bidelli aspiranti
scrittori, insegnanti che sembrano odiare tutto e tutti, alunni compresi, e la
famigerata “Arcipreside” che non ci capisce niente, sbarchiamo in un mondo
assurdo, quasi favolistico, che ci fa anche sorridere ma che in realtà dovrebbe
farci arrabbiare.
La
storia è quella di un giovane insegnante catapultato, nel suo primo anno di
servizio, in una scuola di campagna che sembra un mondo a parte. Una delle sue
classi viene definita “morta”: alunni disinteressati, genitori assenti e zero
possibilità di insegnare davvero qualcosa. Il racconto si snoda attraverso i
vari accadimenti di questo tragico anno scolastico in cui il protagonista fa
amicizia soprattutto con personaggi sopra le righe, come il bidello Celestino
che vanta il superpotere dello svedere o il professore Sandro Sciarra, misogino
dal carattere impossibile che forse nasconde più problemi di quanti ne mostri.
Esordio
interessante, un libro che, con un linguaggio fresco e spesso tagliente,
affronta i problemi della scuola contemporanea in cui sembrano assenti gli
alunni ma dove, in realtà, sono gli adulti a latitare.
Perché leggerlo
· Perché
la scuola italiana ha diversi problemi e gli studenti, probabilmente, non sono
uno di questi.
· Per
il fantastico personaggio di Celestino, sembra quasi di vederlo nel gabbiotto
dei bidelli. Quanti ne abbiamo incontrati di Celestino nella nostra carriera
scolastica?
· Per
la classe morta che morta non è, se non in apparenza.
· Per
aver chiamato la vicepreside “Arcipreside”, geniale.
Perché non leggerlo
· Non
è una storia che procede fluida, è più un insieme di avvenimenti.
· Perché
sembra un libro divertente, quasi farsesco, ma è solo la superficie.
· Mi
sarebbe piaciuta una maggiore focalizzazione sugli alunni, l’autore si
concentra più su tutto il resto.